Il congelamento degli ovociti, noto anche come crioconservazione degli ovociti, è una tecnica di preservazione della fertilità che consente alle donne di posticipare la gravidanza. Questa procedura è particolarmente utile per chi desidera avere figli in futuro ma non è ancora pronta a farlo, oltre a essere indicata per donne che devono affrontare trattamenti medici che potrebbero compromettere la loro fertilità nel futuro.
Perché congelare i propri ovociti?
Il congelamento degli ovociti può essere indicato per scopi clinici, per esempio per malattie oncologiche o ginecologiche come endometriosi severa, rischio di menopausa precoce, o motivi prettamente personali. In questo caso, si parla di “social freezing” e riguarda le donne che desiderano posticipare la ricerca di una gravidanza in un momento successivo della propria vita.
Il congelamento degli ovociti per indicazioni mediche e il social freezing offrono alle donne opportunità significative per preservare la propria fertilità e pianificare la maternità in base alle proprie esigenze e circostanze personali.
Come avviene il congelamento degli ovociti?
Il processo di crioconservazione degli ovociti si suddivide in diverse fasi.
Prima visita
Durante la prima visita con uno specialista della fertilità verrà effettuata un’accurata anamnesi e una ecografia pelvica. L’esame ecografico ha lo scopo principale di valutare la conta dei follicoli antrali, cioè il numero di follicoli presenti all’interno delle ovaie che, insieme alla valutazione di esami ormonali come l’AMH (Ormone anti-Mülleriano), definisce la riserva ovarica della donna. Questa valutazione aiuta a determinare il numero stimato di ovociti che possono essere ottenuti dopo un ciclo di stimolazione ovarica.
Stimolazione ovarica
Una volta completata la valutazione iniziale, la donna inizia una terapia di stimolazione ovarica normalmente eseguita con la somministrazione dello stesso ormone che viene prodotto naturalmente dall’ipofisi per indurre la crescita e la maturazione del follicolo, l’ormone FSH, somministrato per via sottocutanea per indurre il reclutamento di più follicoli, il cui numero è strettamente dipendente dalla riserva ovarica della donna.
Durante il periodo di stimolazione ovarica, la donna viene regolarmente monitorata attraverso ecografie transvaginali e analisi del sangue.
Prelievo ovocitario
Quando i follicoli raggiungono una dimensione tra 15 e 20 mm, si somministra un farmaco chiamato gonadotropina corionica (HCG) per completare la maturazione degli ovociti. Il prelievo avviene 34-36 ore dopo questa somministrazione. Il prelievo degli ovociti è una procedura molto semplice che si effettua in sala operatoria, mediante un sottile ago e attraverso ecografia transvaginale. Il processo non dura più di 15/20 minuti e si realizza sotto leggera sedazione, in regime di day hospital.
Vitrificazione in laboratorio
Dopo il prelievo ovocitario, gli ovociti maturi ottenuti vengono crioconservati mediante una tecnica chiamata “vitrificazione”. Si tratta di una metodica validata che consente di conservare gli ovociti in azoto liquido a bassissime temperature (-196°C) senza procurare alcun danno, indicata come il “gold standard” tra le metodiche di preservazione delle fertilità femminile perché questo processo, a differenza delle tecniche di congelamento lento, evita la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno delle cellule, migliorando notevolmente le probabilità di sopravvivenza allo scongelamento degli ovociti e la possibilità di gravidanza futura.
Benefici e limitazioni
La probabilità di ottenere un buon recupero ovocitario, e quindi una buona quota di ovociti idonei alla crioconservazione, è correlata principalmente all’età della donna e alla sua riserva ovarica.
Ogni mese, infatti, le donne mettono a disposizione un limitato numero di follicoli sul quale la stimolazione può agire inducendo il reclutamento anche di quei follicoli che fisiologicamente andrebbero in contro ad atresia. In media le donne in età riproduttiva mettono a disposizione 7-10 follicoli (e quindi ovociti) al mese.
È consigliabile, in questo senso, considerare questa opzione prima dei 35 anni, età dopo la quale inizia una diminuzione quantitativa e qualitativa della componente ovocitaria: la crioconservazione di un numero di ovociti pari a 15, se effettuata prima del compimento del 35esimo anno di età, può sostenere una possibilità di successo dopo fecondazione in vitro pari al 60%. Dopo i 35 anni, tale possibilità si riduce al 38% circa.
Gli ovociti possono rimanere crioconservati fino a quando la paziente deciderà di utilizzarli. Congelare gli ovociti, però, non significa necessariamente che la donna dovrà sottoporsi ad un trattamento di Procreazione Medicalmente Assistita in futuro: gran parte delle donne che hanno preservato in passato, infatti, hanno successivamente ottenuto una gravidanza spontaneamente.